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I racconti e le impressioni post campus di alcuni volontari che hanno lavorato nel Rancho Santa Fe NPH in Honduras

 

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ADOTTA UN BAMBINO A DISTANZA! Con l’equivalente di un caffè al giorno, 26 euro al mese, puoi dare amore e un futuro ad un bambino orfano ed abbandonato accolto nelle case N.P.H.. Per maggiori informazioni: 02.54122917, padrini@nph-italia.org

 

LEGGI QUI LE TESTIMONIANZE DI TUTTI I VOLONTARI CHE HANNO PARTECIPATO AL CAMPUS ESTIVO DI VOLONTARIATO IN HONDURAS

 

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‎"Fin dal primo giorno al Rancho Santa Fe ho capito che NPH e la Fondazione Francesca Rava sono importantissimi per i pequeños. Dai bebè di appena tre mesi agli abuelitos, i teneri nonnini di Casa Eva, tutti si rispettano, si vogliono bene e si curano a vicenda proprio come in una vera famiglia.

Molte tias, molti maestri e molti impiegati che lavorano li sono Hermanos mayores (così si chiamano i pequenos quando finiscono le scuole), vuol dire che restano legati da un grande affetto per la famiglia che li ha cresciuti.

Stefan, il direttore, ci ha raccontato che alcuni ragazzi che avevano preso una strada sbagliata, ‎sono tornati da lui a chiedere consiglio e aiuto proprio come nella parabola del figliol prodigo.

‎La vita al Rancho secondo me è bellissima, soprattutto a confronto con la povertà e i pericoli che si trovano  appena fuori dal cancello.

Essendo figlia unica mi è piaciuto moltissimo stare sempre in compagnia di altri miei coetanei, ma anche dai bimbi piccoli che di sera, nei loro hogares, ti guardavano con i loro occhioni ‎dolci dicendoti: 'duermeme...', impossibile dire di no!!!‎ E appena si addormentavano loro, anche io stanchissima dopo la lunga giornata di avventure andavo immediatamente a dormire nella nostra cameretta a Casa San Cristobal, la casa dei volontari.

Al Rancho tutti lavorano tanto! I bambini aiutano nei  lavori di casa e si lavano las ropas. Per i volontari come noi, mentre i bambini sono a scuola, ‎ci sono vari lavori da svolgere, come per esempio cucinare il pranzo nei grandi pentoloni della nuova cucina,‎ aiutare doña Reina nel pollaio della granja (la fattoria) o dare una mano a Oscar nella hortaliza (l'orto).

E' stata una vacanza straordinaria che mi ha lasciato impressi dei bellissimi ricordi.

Adesso il mio sogno e' conoscere i bambini di tutte le altre case NPH dove non sono ancora stata."

Sofia, 12 anni

“Quando sono arrivata al Rancho Santa Fe non avevo idea di come fosse, di come mi sarei sentita essendo la mia prima esperienza di volontariato. Dopo un'ora dal mio arrivo mi sono accorta che i mie timori iniziali erano gia lontanissimi.

In un attimo sono entrata a far parte di una grande famiglia in cui tutto era diviso, "compartito" dal cibo ai giochi, dalle gioie ai dolori.

Ho capito che questa è la forza del Rancho: nessuno si sente solo perché si sentono tutti  fratelli e tu ti senti parte del loro mondo.

Giorno dopo giorno, mi sono accorta che ero io che stavo imparando da loro: ho capito che contano di più gli abbracci, i sorrisi, l'affetto, l'amore, per far felice qualcuno; ho cominciato ad apprezzare di più le cose che ho e a considerare tutto il resto relativo.

E' stata un'esperienza cosi totalizzate che al mio rientro ho deciso di "portare un po' di Honduras" in Italia, adottando un bambino a distanza. Sembra una scelta che esclude gli altri perchè quando sei lì vorresti essere la madrina di tutti; è un piccolo gesto che può però fare tanto. Con solo 26 euro al mese, infatti, è possibile aiutere un bambino accolto nelle case orfanotrofio N.P.H. a ricevere cibo, vestiti, cure mediche, e costruirsi un futuro tramite l'istruzione.

E per questo ringrazio la Fondazione Francesca Rava che mi ha dato questa grande opportunità.”

Barbara

 

"Ho aspettato alcune settimane per scrivere un resoconto del mio viaggio con NPH in Honduras. Queste settimane non hanno affievolito il ricordo di un'esperienza che mi ha segnato nel profondo. Le emozioni che ho provato durante il mio soggiorno al Rancho Santa Fè sono state diverse, sono passato dalla gioia e dallo stupore nel vedere e conoscere i bambini e ragazzi, felici ospiti di NPH alla tristezza nel vedere la povertà di Talanga. Durante questa esperienza ho avuto l'immensa gioia di conoscere la mia bambina adottata a distanza, ma anche la possibilità di ascoltare le storie fatte di dolore e di gioia degli altri pequenos. Quello che mi ha colpito è la loro voglia di vivere, i loro sorrisi e la voglia di riscatto che c'è in ognuno di loro, questo lo esprimono attraverso l'impegno a scuola e nei tailleres. Ho usato ripetutamente la parola GIOIA perchè è il sentimento che esprime al meglio la mia esperienza e quello che ho ricevuto da ognuno di loro. Sono ritornato alla mia solita vita con il desiderio di aiutare anche da qui quei ragazzi che ho incrociato sulla mia strada anche solo per 2 settimane, con la speranza di poter ritornare a ridare e ricevere tutti quegli abbracci che mi hanno riempito il cuore e cambiato il mio modo di vivere. Grazie Fondazione Francesca Rava e grazie ad Emma, Laura e agli altri volontari per avermi accompagnato durante questo viaggio, dal quale sono anche tornato con un nuovo bambino a distanza che ha aggiunto un tassello alla mia vita."

Simone

 

 

"Non so se tornerò al Rancho Santa Fe, anche se l’ho promesso. I bambini me lo chiedevano e davo loro l’unica risposta possibile: sì, tornerò. Quando? Il prossimo anno. Non puoi dare altre risposte a coppie di piccoli occhioni scuri che ti guardano dal basso.

Non so se tornerò al Rancho Santa Fe, anche se sono stato bene. Ho giocato con i bambini e con gli altri componenti del gruppo, cercato di fermare momenti con uno scatto, scherzato, accarezzato, rincorso, parlato uno spagnolo imbarazzante. Ho festeggiato il mio compleanno, in maniera bizzarra. Ho vissuto in un’altra dimensione, lontano dalla mia vita ordinaria. Ho messo in una diversa prospettiva valori e preoccupazioni. Mi sono disintossicato da ansie immotivate che la vita quotidiana, nel “nostro mondo”, porta a sentire. Sono stato accolto. Ho fatto un’esperienza diversa, stimolante, intensa. Mi sono ricordato di quanto sono fortunato e di quanto spesso me lo scordo. Anche ora, sto parlando di me: d’altra parte lo sapevo che lo avrei fatto per me, al di là di retorica e buonismo. Ho solo cercato di restituire qualcosa, divertendomi.

Non so se tornerò al Rancho Santa Fe, anche se ho constatato di persona quanto è stato fatto, di buono, tra le mille difficoltà di un Paese povero e violento. Anche per questo ero andato, per essere sicuro che la Fondazione facesse le cose per bene, come avevo visto fare ad Haiti, ma anche in Italia. E così è. Quattrocento bambini che hanno quello che non avevano fuori: un tetto solido, un’istruzione costante, cibo sano, giochi, controlli sanitari, affetto. Ho visto la cucina (e la separata tortilleria), l’infermeria, la scuola, la biblioteca, i campi da calcio e da pallacanestro, l’orto, la fattoria, le officine, gli spazi dove si impara un lavoro, una casetta-ospizio, i prati, un palcoscenico, una sala operatoria in costruzione. Ed un cimitero lontano, poche semplici croci, di ferro, di legno, in mezzo agli alberi e al fruscio del vento.

Non so se tornerò al Rancho Santa Fe, anche se ho visto, purtroppo, per fortuna, come accolgono. Sono arrivati mentre ero là quattro bambini, quattro fratellini, pochi anni, tanta vita vissuta, ma quella vita che non avrebbero voluto, che nessuno vorrebbe. Arrivano in un luogo che li accoglie e li accoglierà, ma non è la famiglia che hanno avuto fino a ieri. O che non hanno avuto. Sono impauriti, spaesati. Più di tutti il fratellino più grande, forse quello che ha visto, e compreso, di più e che si sta facendo più domande. Per loro si apre un'altra vita, prima ancora di avere capito la precedente, che non conosco. Ma basta guardare i loro occhi, assenti, per capire quello che occorre capire. E tra visite mediche, album da colorare, sorrisi altrui, hanno iniziato a far parte del Rancho. Dopo un paio di giorni i loro occhi erano cambiati. Non sorridevano ancora, o lo facevano a stento, e nello spazio di un attimo. Ma le ombre scure portate dalla paura, del passato e del futuro, erano meno scure, meno presenti, meno opprimenti.

Non so se tornerò al Rancho Santa Fe, anche se ho conosciuto bambini “speciali” che hanno attenzioni, lì al Rancho, e a casa Los Angeles, a Tegucigalpa, che non credo sia facile avere in altri luoghi. Ho visto, negli occhi e nei sorrisi delle persone che li seguono, nella loro calma e dedizione, un affetto incondizionato. Rivedo una scena, le mani veloci di un chico especial, un piatto rovesciato, il sugo che sfugge e sporca. Un piccolo dramma in una casa normale. In quella casa, nessuna reazione cupa, né sguardi, né parole, neanche un attimo istintivo, ma solo un grande sorriso, come fosse un gioco. La tia lo prende per mano, lo aiuta a pulirsi, e a pulire. Pensavo che persone disabili, in Honduras, come ad Haiti, fossero gli ultimi degli ultimi. Invece mi sono accorto, in Honduras come ad Haiti, che, nell’ingiusto destino che è toccato loro, i bambini (e adulti) “speciali” accolti a casa Los Angeles e nel Rancho (e a Kenscoff) sono stati fortunati. In Paesi più ricchi non avrebbero attenzioni e cura maggiori. Certe cose non si comprano.

Non so se tornerò al Rancho Santa Fe, e in fondo non importa. Altri volontari arriveranno, e saranno meglio di me a giocare con i bambini, a metterli a dormire, a farli divertire e dimenticare, almeno per qualche attimo, a pitturare stanze, a piantare patate e a girare tortillas (a girare tortillas ero piuttosto bravo, però). Forse andrò in altre case, e forse tornerò al Rancho Santa Fe. Quello che importa è che tutti quei bambini possano ricevere, di tanto in tanto, la vicinanza e l’affetto di sconosciuti, non eroi, arrivati da lontano. Sconosciuti come me, che pur con i loro difetti, nevrosi, egoismi, vanità, come i miei, potranno vedere, vivere e sentire qualcosa di diverso, se lo vorranno, se si lasceranno andare. Si porteranno dietro tutto questo, al ritorno, e lo terranno con sé, per un po’ di tempo, o tanto, o per sempre.

E magari torneranno, al Rancho Santa Fe, o altrove."

Nicola

 

"La mia esperienza in NPH in Honduras mi ha fatto ricordare che le cose più semplici del mondo sono le più importanti, non è la macchina bella che conta o il cellulare di ultima generazione, ma quello che ogni persona ha dentro di sé: quello che tu riesci a dare, con la volontà di saper ascoltare chi ti sta vicino.

Bambini che provengono da esperienze spesso traumatizzanti hanno saputo risvegliare in me il vero valore delle cose, il calore di un abbraccio e l’importanza del rispetto.

I bambini di NPH prima di mangiare recitano sempre una preghiera di ringraziamento per un piatto di riso, perché per tanti altri non è così e nulla di ciò che abbiamo è da dare per scontato.

tutte queste cose noi le abbiamo accantonate, per la fretta, per il lavoro, per i problemi quotidiani, ma non dimentichiamoci che ogni giorno della nostra vita è un dono prezioso e che ogni singolo attimo della nostra vita è unico e irrepetibile e merita di essere speso nel  migliore dei modi, perché c’è sempre qualcuno a cui puoi dare."

Tiziana

 

Canale Notizie - 03-09-2014 - Segnala a un amico


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