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Team 34, Manuela e Daniela sono le nuove volontarie sanitarie della Fondazione impegnate nella missione Triton a bordo di Nave Orione

 

Daniela, ostetrica e Manuela, infermiera di terapia intensiva entrambe piemontesi, dal 10 aprile sono a bordo di Nave Orione come volontarie della Fondazione Francesca Rava nella missione della Marina Militare, Triton, prosieguo di Mare Nostrum.

 

Nella missione Triton sono impiegate due Unità della Marina Militare che intervengono nelle operazioni di soccorso; per emergenze SVH (Salvataggio della Vita Umana) due altre Unità sono pronte a prendere il mare entro 6 ore.

"Venerdì 10 aprile é stata una giornata intensa. Siamo stati pre-allertati verso le 12, quando si é alzato in volo l'elicottero per la ricognizione. Ci é stato poi confermato il "contatto" con un barcone di migranti e si é innnescata a quel punto la macchina organizzativa che ci coinvolge più da vicino. Abbiamo allestito la postazione sanitaria in hangar e verso le 16 sono arrivati i primi "sfortunati" del mare: 18 donne (due gravide all'8°mese di cui prontamente Daniela si é occupata, cercando per loro una sistemazione confortevole al riparo dal sole, accertandosi che le  condizioni di salute di mamma e bambino fossero rassicuranti, mediante una valutazione obiettiva dalla donna e strumentale -SonicAid— del battito cardiaco fetale); 16 minori, di cui una neonata siriana di appena 20 giorni; 187 uomini; 1 deceduto.

 

Sono eritrei, siriani, palestinesi, nigeriani. Si portano dietro quello che possono della loro vita, stipato in zaini che vengono aperti dagli uomini della sicurezza, perquisiti, controllati.

Le donne, che vengono sistemate con i bambini all'interno dell'hangar, cercano con gli occhi i loro mariti/fratelli/compagni di viaggio, che siedono di fronte a loro, sul ponte di volo. Cercano una sicurezza, uno sguardo amico.

Con un primo screening sanitario veloce all'arrivo, e un po' più approfondito poi, abbiamo riscontrato numerosi casi di scabbia, alcuni stati di malesseri generali da ipotensione verosimilmente correlabile al viaggio sul barcone. Il nostro lavoro é stato complessivamente forse più di supporto "umano" che non sanitario...Ma ci siamo imbarcate proprio per questo, quindi ce lo aspettavamo. L'impatto invece con una realtà fin'ora sempre filtrata dalla voce di un cronista televisivo, con immagini che seppur crude sono lontane da noi e dalle nostre esistenze comode, "rilassate" e confortevoli... ecco, questo é stato più "ingombrante" emotivamente, da assimilare...

Essere fermate con un timido gesto della mano dalla vedova (ancora ignara di esserlo), che quasi timorosa di disturbare continua a chiederci in arabo fluente (incomprensibile a noi) e in inglese stentatissimo dove si trova suo marito... vedere le sue sorelle/amiche che cercano di tranquillizzarla dicendole che l'uomo sta dormendo, o forse vomitando... Capire dai suoi occhi, che piano piano si riempiono di lacrime consapevoli che la pillola indorata sta svanendo piano piano il suo effetto.... e ritrovarla poi, dopo magari 10 minuti appena con la stessa richiesta, con lo stesso inconsapevole rifiuto d'una realtà che le é inaccattabile... Come lo sarebbe per noi.

Sul ponte di volo, tra gli uomini, il figlio. Occhi chiarissimi, portamento dignitoso, un silenzio che trapassa come una lama. Quando ci scorge avvicinarci alla mamma ci inchioda con lo sguardo...abbiamo capito.

 

In un hangar in cui il chiacchiericcio fa da sottofondo, e in cui si sta consumando il dramma non raccontato, irrompe il pianto della piccola, che reclama cibo e attenzioni.

Ci proviamo a soddisfarla, invitando la mamma a coccolarla, ad allattarla... In un primo momento si é rifiutata, porgendoci il latte in polvere e facendoci capire di non avere latte. All'arrivo del biberon la bimba si é rivelata incapace di succhiare la tettarella, rifiutandola... Daniela allora ha chiesto alla mamma di scoprire le mammelle, verificandone la presenza del latte... L'ha invitata, supportandola, ad avvicinare la piccola al seno, che con competenza ha iniziato subito una valida suzione. Si è creata una magia tra le 3: la bimba ha iniziato a succhiare, la mamma ha chiesto a Dani di rimanere vicina, seduta accanto a lei, quasi cercando un sostegno, un conforto, una rassicurazione.

Con l'arrivo del buio abbiamo distribuito thè caldo e coperte termiche per combattere il freddo pungente che acuisce il disagio dei vestiti bagnati... Nell'hangar le donne e i bambini sono più riparati. Sul ponte di volo fa veramente freddo, gli uomini tremano.

Sabato la giornata è stata meno impegnativa; abbiamo soccorso un gommone di 113 giovani uomini provenienti per lo più dal Mali, Guinea, Costa D'Avorio e Senegal. Nessuno zaino, nessun effetto personale, nessun cellulare, niente... Quasi tutti erano in buone condizioni, a due giovani abbiamo dovuto posizionare un catetere vescicale perchè a causa del lungo viaggio sul gommone e di una pudicizia che contraddistingue la loro cultura, si sono ritrovati con un voluminoso e dolorosissimo globo vescicale.

L'ambiente sul ponte era tranquillo, pochissime richieste molti ringraziementi (per il soccorso ricevuto, per l'acqua distribuita, per il semplice essere lì...).

In tarda serata abbiamo trasferito anche loro su un'altra nave, liberando il ponte, risistemando tutti gli scenari per essere pronti ed operativi per altre richieste d'aiuto.

Vedendoli andare via, con indosso il salvagente rosso, molti scalzi, ancora una volta in viaggio, ancora una volta senza certezze, ognuno di noi ha lasciato fluire riflessioni, emozioni.

Una gratitudine silenziosa corre sul filo dei nostri pensieri...Quanto é indispensabile nascere in un posto non dilaniato da guerre, non inginocchiato dalla miseria, dalla fame...

Quanto piccine siamo noi due, arrivate dal Piemonte, così lontano geograficamente da tutto questo dolore.

Quanto impotenti ci sentiamo, davanti a questa processione dignitosa e muta, che nella notte li porta via.

Quanto possiamo fare? Quanto faremo?

Non cambieremo nulla, nè il destino né il fututo di queste persone...forse il ricordo di un Welcome, di un Bienvenù rimarrà nei loro cuori.

Che il Dio di tutti gli uomini, qualsiasi nome Egli abbia, vegli su di loro."

 

Domenica 12, alle 21.10, sull'idrobarca che trasportava i migranti su nave Orione è nato Mekseb, un bel bambino di circa 3 Kg. La giovane mamma eritrea si chiama Leila e ha 20 anni. Mamma e bambino sono stati prontamente soccorsi subito dopo il parto da Daniela che si è recata a bordo dell'idrobarca per prestare i primi soccorsi e da un membro dell'equipaggio della stessa che ha portato prontamente il neonato a bordo della nave.

Entrambi stanno bene, non si sono mai separati. A bordo era presente anche la sorella di Leila, con la figlia di circa due anni, anche lei all'8° mese di gravidanza. Il lavoro non ci da tregua ma siamo felici e orgogliose di essere qui con tutte noi stesse."

Daniela e Manuela

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causale: emergenza Lampedusa

 

Canale Notizie - 16-04-2015 - Segnala a un amico


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