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Quinto Campus di volontariato Estate 2016: un nuovo gruppo di volontari in Honduras

 

Catherine e Michelangelo della Fondazione sono in questo giorni nella Casa NPH in Honduras, nel Rancho Santa Fe, per accompagnare un gruppo di circa 20 volontari italiani per un Campus di volontariato.

Al mattino i volontari svolgono attività di supporto alla Casa NPH in cucina, nell'orto, nella fattoria e al pomeriggio giocano con i bambini e ragazzi.

 

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Michelangelo, accompagnatore del gruppo, racconta:

"Giovedì siamo arrivati al Rancho Santa Fè e siamo stati accolti da Steve, il coordinatore dei volontari, che ci ha fatto fare il giro della Casa e di tutta la proprietà. Poi cena con i bambini più piccoli di Casa Suyapa per entrare un po' nello spirito del Rancho.

Venerdì abbiamo visitato la scuola e la biblioteca dove abbiamo assistito ad una fantastica 'performance' di oratoria da parte di un ragazzo di 11 anni che ha proclamato un discorso sui valori etici e sull'amore come se parlasse ad una vera platea. Qui nel Rancho si studia oratoria come materia scolastica e si fanno concorsi di oratoria; uno dei nostri ragazzi ha vinto a livello nazionale l'anno scorso e ha parlato al Parlamento davanti al Presidente della Repubblica.

Dopo la biblioteca abbiamo visitato il quirografo (l'ambulatorio) che è diretto da un medico pequeno mayor cresciuto al Rancho, uno dei primi pequenos a laurearsi. Poi visita al Comedor di Talanga, un paese qui vicino, un progetto sostenuto da NPH per aiutare i bambini provenienti dalle zone povere vicino che qui ricevono un pasto e assistenza nello svolgimento dei compiti.

Alla sera il gruppo ha cenato con le ragazze di Talita Kumi ma questa volta niente zumba perchè è periodo di esami!

Sabato abbiamo aiutato nelle pulizie delle Case poi attività coi bambini e passeggiata alla poza, il laghetto artificiale del Rancho. Alle 4 del pomeriggio c'è stata una piacevole messa molto vivace che ha entusiasmato tutti.

Domenica invece è stato il Dìa de Visitas, giorno speciale in cui i pequenos che hanno una famiglia all'esterno della Casa possono ricevere la loro visita.  E' un momento emotivamente molto molto intenso per chi rivede la propria madre o il proprio padre o qualche altro parente e anche per quelli che viceversa non hanno nessuno da riabbracciare. Il gruppo di volontari italiani ha cercato perciò di provare a riempire il loro 'vuoto' con giochi, bagni alla poza e palloncini.

Da lunedì abbiamo iniziato le regolari attività del mattino in aiuto allo staff locale: orto, fattoria, cucina, tortillas e pittura. Divisi in gruppi e a rotazione in modo che tutti possano vivere dal di dentro la vita di chi lavora al Rancho e lavorando possano capire lo spirito con cui tutto il lavoro viene fatto.

Lunedì per il pranzo siamo andati a Venta Vieja, un piccolo paese di campagna vicino al Rancho, e abbiamo mangiato nella casa di una famiglia che offre il servizio di ristorazione per raccogliere qualche soldo per pagare le cure di un figlio malato di tumore. La mamma fabbrica anche cestini di paglia che i nostri volontari hanno molto apprezzato (hanno comprato l’intera produzione!).

Alla sera invece abbiamo avuto la presentazione di NPH da parte di Reinhart, Direttore di NPH International, bellissima e molto efficace. Tutti hanno avuto domande per lui e hanno dimostrato moltissimo interesse sino alla cena italiana a base di spaghetti in casa San Cristobal, la Casa dei volontari.

Martedì altro momento intenso, difficile e emotivamente molto forte: la visita a Tegucigalpa della casa de Los Angeles, dove sono assistiti i bambini e ragazzi con disabilità speciali, a cui è seguita la cena con i ragazzi del Bachillerato, il liceo."

 

La testimonianza di Basilio, padrino e partecipante per la seconda volta del Campus in Honduras:

"Avete presente quando apri la scatola di un puzzle e ti trovi davanti ai pezzi sparsi e vieni presi da un senso iniziale di smarrimento? Poi ogni singolo pezzo trova la sua giusta collocazione, l'incastro perfetto. Ecco, arrivare al Rancho Santa Fe, la Casa NPH in Honduras é cosi. Appena arrivato provi un senso di smarrimento, sei catapultato in una vita che non e la tua, la tua agiatezza, il tuo quotidiano fatto di amici, l'aperitivo, la scuola, i social network non esistono più.

Ma basta sentire un saluto "hola padrino", vedere un sorriso, riscoprire quegli occhi che hai lasciato l'anno prima sempre fieri e mai tristi, sentire il calore di un abbraccio che ti avvolge che lo smarrimento scompare e non ti interessa più nulla del fuso orario e della stanchezza del viaggio, di quello che hai lasciato a casa. Venti persone iniziano la loro convivenza e, come accade nel puzzle, i vari pezzi iniziano ad incastrarsi in modo naturale perché alla fine, quello che conta, e il risultato finale. Sai che ti aspettano due settimane di lavoro e poco importa se devi aiutare in fattoria, pitturare, stare piegato a strappare erba o altro ancora perché alla fine tornerai sempre da quei sorrisi, da quegli occhi, da quegli abbracci che ti daranno il carburante per ricominciare il giorno dopo e quello successivo...

Prima di partire, alla domanda di rito "Perché vai?" Rispondevo: "Perché voglio andare a trovare i miei bambini adottati a distanza", ma adesso cambierei risposta: " Vado in Honduras a ritrovare un pezzo della mia seconda famiglia e non parlo solo dei miei figliocci ma di tutti i bambini accolti e accuditi nella Casa, di tutte le persone che lavorano, dei volontari.

Alla fine, quando hai in mano l'ultimo pezzo del tuo puzzle ripensi a quando hai iniziato, il tempo è trascorso così velocemente che non te ne sei accorto e così quando arriva il giorno della partenza e vedi i bambini piangere e tu fai di tutto per trattenere le lacrime, ti rendi conto che non potrai più fare a meno di loro. Sali su quel pullman che ti riporta all'aeroporto, alla tua vita e finalmente lasci scendere quelle lacrime..."

 

La testimonianza di Federico:

"Il Campus di volontariato in Honduras è andato bene! Sono molto contento di aver partecipato, di aver visto e un po' condiviso la vita della Casa NPH Rancho Santa Fe, dove ho conosciuto tanti splendidi bambini spesso con alle spalle esperienze di vita difficili ma comunque molto sorridenti e aperti nei confronti di noi volontari.

E' un "mondo" diverso da quello a cui sono abituato in Italia, l'Honduras è un paese povero e difficile ma il Rancho rappresenta un'oasi felice, fonte di opportunità per i pequenos che ci vivono.

Mi ha colpito molto la storia che ci ha raccontato un ragazzo cresciuto nel Rancho, che ha intenzione di lavorare nel sociale per dare il suo contributo, forse proprio all'interno dello stesso Rancho.

I primi giorni sono stati di ambientamento, sia per fare conoscenza con i pequenos e il personale del campo, sia per adattarsi al posto che presenta qualche scomodità rispetto a ciò cui siamo abituati in Italia ma anche per conoscersi meglio fra noi volontari. Abbiamo trascorso momenti più toccanti, come in occasione della visita a Casa De Los Angeles, un centro di riabilitazione per bambini e ragazzi con gravi disabilità situato a Tegucigalpa, e momenti di allegria e risate, grazie anche ai pequenos che con la loro grande vitalità ci hanno strappato dei sorrisi e agli anziani assistiti presso Casa Eva con i quali abbiamo disegnato e bevuto del caffè.

Il rapporto coi bambini penso sia stato in parte facile e naturale: avevano molta voglia di fare conoscenza e giocare con noi e si ricordavano  di chi era stato lì qualche anno prima ma è stato anche un incontro delicato, con la consapevolezza che eravamo per loro degli "esterni" che sarebbero dopo un paio di settimane tornate alle loro vite di sempre.

E' stata un'esperienza positiva, fatta di molti bei ricordi, e di malinconia per i pequenos e gli amici che abbiamo salutato."

 

 

Olivia, 15 anni

"L'esperienza in Honduras è stata un'opportunità incredibile. Ha aperto moltissimo gli occhi a me e mia sorella Ottavia. Abbiamo cominciato a vedere alcuni aspetti della vita in una luce diversa, a dare più importanza a cose che a casa nostra davamo per scontate e a capire quali siano veramente importanti. I bambini sono incredibili accolti nel Rancho Santa Fe, ogni volta che ci vedevano ci correvano incontro, ci abbracciavano fortissimo e volevano stare con noi, sempre sorridenti e contenti. Volevano solo giocare con noi, parlare o stare insieme.

Tutto questo mi ha fatto tanta tenerezza e mi ha fatto capire che basta veramente poco per essere felici, che basta avere qualcuno che ti dedica del tempo, che ti parla, ti ascolta e gioca con te. Il mattino lavoravamo e andavamo in diversi posti, ogni giorno era diverso quindi era veramente difficile annoiarsi. Poi avevamo tante attività da fare con i bambini.

È stata un'esperienza unica e incredibile che ci ha insegnato tanto e ci ha aiutato a creare un legame fortissimo con i bambini. Ora, al rientro, mi sento più completa e fiera di quello che abbiamo fatto.

Mi mancano i bambini!! Non vedo l'ora di ritornare!"

 

Ottavia, 13 anni

"Questa esperienza è stata meravigliosa. Oltre a essermi divertita tantissimo, ho conosciuto ed aiutato tantissimi ragazzi e bambini. Abbiamo fatto un po' di tutto al Rancho: abbiamo cucinato, pulito il cortile, raccolto uova, dato da mangiare agli animali, dipinto muretti, e molto di ancora. Le storie dei ragazzi più grandi sono incredibili. Da bambini senza famiglia, senza opportunità, grazie a NPH vivono ora in un posto tranquillo, dove possono studiare e crescere senza paure, e loro sono immensamente grati per questa opportunità. Abbiamo fatto tantissime cose in Honduras che non avremmo mai fatto a casa. Questo viaggio mi ha aperto gli occhi e mi ha cambiato. Voglio ritornare assolutamente l'anno prossimo perchè questa esperienza mi ha dato una sensazione di soddisfazione che non ho mai ricevuto da nessun'altra parte. Queste due settimane sono state bellissime. Grazie mille per tutto."

 

Simone, al suo terzo Campus di volontariato

"Questo è stato il mio terzo campus con la Fondazione Francesca Rava, il secondo in Honduras dopo quello del 2014. Ho potuto rivedere i bambini di allora, ormai cresciuti, e i ragazzi e le ragazze che mi hanno riaccolto con gioia nella loro famiglia e nella loro casa. Ho vissuto questo viaggio un po' come ritornare in un luogo che ha cambiato il mio modo di essere e il mio modo di vivere.

Il momento emotivamente più toccante è stato l'incontro con uno dei miei figliocci adottati a distanza, che sta ora attraversando un periodo di smarrimento emotivo, dovuto alla sua critica età di adolescente e, probabilmente, anche alla sua esperienza di vita. I pequenos sono spesso bambini e ragazzi che, nonostante la giovane età, portano con se un bagaglio di esperienze tristi, spesso di abbandono, che ti fanno percepire il bisogno di avere una guida che li accompagni sulla strada giusta. Nei giorni trascorsi con il mio caro figlioccio ho cercato di fargli capire che il suo passato è ormai tale e che lui, grazie a NPH, ha oggi la possibilità di voltare pagina perché verrà accompagnato negli studi e nell'inserimento nel mondo del lavoro in u Paese difficile come l'Honduras. Ci siamo confrontati su vari temi e spero di avergli lasciato qualcosa su cui riflettere: credo che abbia capito che seppur molto lontano, c'è qualcuno che crede e ci tiene molto a lui. Il nostro tempo insieme è finito con un saluto ricco di emozioni e con un abbraccio accompagnato da un suo "Simone, non ti preoccupare". Questa sua frase di congedo mi ha reso felice perché ho capito di aver toccato le corde giuste e che ho avuto molta fortuna ad averlo incontrato perchè ha solo bisogno, come tutti gli altri membri della famiglia NPH, di sentirsi amato e sostenuto soprattutto nei momenti difficili.

Concludo con la speranza e con un consiglio sull'adozione a distanza, un sostegno importantissimo non solo economico ma anche emotivo, perché attraverso la corrispondenza e e la visita di persona si può diventare un punto di riferimento nella loro vita."

 

 

Le parole di Sofia

"Sono stata spinta a fare questa esperienza in Honduras dal desiderio e dalla speranza di riuscire a vedere e vivere in prima persona una realtà tanto diversa da quella che abito e conosco, una dimensione che, seppure risulta difficile da concepire perché per certi aspetti pare troppo assurda per essere vera, tuttavia esiste, e costituisce la sola realtà possibile per tutte quelle persone che qui vi ci sopravvivono.

E cosi, farne fisicamente parte, ha voluto dire per me prendere massima coscienza della sua esistenza: quando vi ci si trova in mezzo manca il tempo di girare la testa per volgere altrove lo sguardo, di mettere le mani al naso per impedire di sentire l’odore della povertà e della miseria. Il cervello imprime nella memoria gli scenari che si palesano innanzi agli occhi e il cuore soffre per ciò che si apprende. Impossibile sentirsi lontano quando se ne è parte. Il dolore che carica queste parole sgorga soprattutto dalla vista e presa di coscienza della realtà in cui versa il paese in generale, al di fuori del Rancho Santa Fè, così come si presenta percorrendone le strade per decine di km a bordo di un bus, come si nota passando per le trafficate e a tratte barricate vie della capitale del paese, Tegucigalpa, o ancora passeggiando all’interno dei paesini vicini in cui il confine tra abitazioni e natura selvaggia è troppo labile per rientrare in una più precisa logica urbanistica.

Osservare la dura natura di questo contesto, incrociare lo sguardo delle persone che vi vivono, mi porta a riflettere: attraverso loro, arrivo una volta di più all'interno di me stessa, penso alle loro e alle mie paure, alle loro difficoltà e alle loro speranze, e arrivo a confrontarle con le mie, quasi a voler, una volta di più, riuscire a dar a ciò che non di rado mi priva di serenità e di voglia di fare, il giusto peso.

Lasciando liberi i pensieri e le emozioni affiora come comune un’unica necessità: essere forte. E una forza immane sento dominare all’interno del Rancho Santa Fe, la forza di chi, all'interno di un paese come l’Honduras, trova la speranza di non arrendersi e, senza sosta, di costruire, con la consapevolezza che ciò che conta per costruire qualcosa di robusto e bello non è avere a disposizione mattoni di ottima qualità, ma credere nel bene e nella possibilità di salvezza che meglio di ogni altro collante può erigere salde difese e rivelarsi utile strumento di vita. Bene e possibilità di salvezza che si donano attraverso il progetto di NPH che, ogni giorno, si rinnova con la fedeltà alle più semplici quanto imprescindibili azioni quotidiane, svolte che nel segno dell’amore, un amore che arricchisce e che è capace di contraddistinguere e far vibrare ogni sguardo, abbraccio e parola donate."

 

Cristina, dopo la visita al Casa de Los Angeles, progetto NPH di riabilitazione per bambini e ragazzi gravemente disabili.

"Mille emozioni, mille stati d'animo, mille lacrime ma anche un'inaspettata forza che mi ha permesso di poter vivere un'esperienza incredibile a contatto con persone molto speciali.

Soprattutto con un ragazzo di 25 anni sulla sedia a rotelle con gravi patologie col quale sono riuscita ad entrare in contatto con un semplice palloncino colorato...nessuna parola ma tanta felicità nei suoi occhi che esprimevano il suo essere contento del momento che stava trascorrendo con me, con gli altri ragazzi e bambini speciali e con tutti gli altri volontari come me che con grande amore hanno dimostrato un grande cuore.

Sono entrata con le lacrime che loro sono stati capaci di farmi trasformare in grandi sorrisi e me ne sono andata col magone nel cuore.

Grazie a NPH, grazie alla Fondazione Francesca Rava che permettono a questi "angeli" di avere al loro fianco persone che li curano e li amano incondizionatamente e nonostante tutto donargli una vita dignitosa e piena d' amore!"

 

 

 

Canale Notizie - 09-08-2016 - Segnala a un amico


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