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Nepal, a 4 mesi dal terremoto, Milena a Kathmandu e nelle zone isolate piu colpite. Tra voglia di rinascita e la disattenzione del mondo.

 

Milena Nebbia giornalista veneta, che è stata in Haiti insieme alla Fondazione Francesca Rava, si trova ora in Nepal, sia per verificare la situazione che per rendersi utile come volontaria alla Lama Tashi Orphan School che sin dal sisma aiutiamo grazie al sostegno dei nostri donatori.

 

"Kathmandu, con il suo milione di abitanti, è la tipica capitale asiatica, un mix micidiale di smog, polvere e inquinamento acustico da clacson. Arrivarci, poi, nella stagione dei monsoni, non fa che complicare il quadro. A tre mesi e mezzo dal terremoto, la vita ha ripreso i suoi ritmi frenetici e volgendo lo sguardo, non sembra di scorgere tracce evidenti del sisma di magnitudo 7.9 che il 25 aprile scorso ha sconvolto il Nepal provocando, oltre a migliaia di vittime, un milione di senzatetto e più di sei milioni di persone in situazione di grave disagio per mancanza di cibo, acqua, luce e elettrica e medicinali. Il perché è presto detto: il centro della capitale è quello che meglio ha resistito al sisma, sono invece i distretti più remoti di Kathmandu e i villaggi delle vallate ad avere subito i maggiori danni, quelli dove si concentra la popolazione più povera, dove le case erano state costruite ovviamente senza criteri antisismici. Basta saltare su un qualche minibus stracarico di persone e fare circa un’ora di strada per arrivare ad esempio alla tendopoli di Chuchepati, 7.000 persone, dove si comincia a capire quanto è accaduto e ad avere un’idea del livello dei danni.

Il responsabile della comunità, Subash, ci spiega un po’ la situazione, che è poi sempre la stessa del post tragedia, di qualsiasi tipo essa sia: in un primo momento sono arrivati gli aiuti da molte parti, tende, kit sanitari, pacchi alimentari. Poi, un po’ alla volta, l’attenzione dei media è scemata e con quella anche l’interesse da parte di molti. Ma da quello che pare di capire, è soprattutto l’aiuto governativo ad essere latitante e in effetti i politici nepalesi sono stati accusati di grave disinteresse e gli amministratori locali di avere evitato ogni responsabilità. Subash ci mostra le tende e ci fa vedere quelle che sono fatte in materiale idrorepellente in grado di reggere la pioggia monsonica, e quelle invece in tessuto più povero, quindi permeabili. Naturalmente, anche in questo microcosmo di dolore, la vita ha necessariamente un suo corso: sotto una grande tenda c’è la scuola per l’infanzia, in un’altra c’è l’assistenza medica…I bambini riescono a divertirsi con l’hula hoop e gli aquiloni fatti a mano e aspettano un piccolo carretto di gelati…

Il distretto di Dharamsthali è un altro dei più colpiti dal sisma: qui, accanto alle casette temporanee in lamiera e mattoni tirate su in pochi giorni dopo il sisma, stanno già rinascendo alcune abitazioni, gli uomini sono già al lavoro, monsone permettendo. L’impressione è quella di un popolo che ha voglia di rimettersi presto in piedi, senza aspettarsi troppo dagli altri.

Pochi gli occidentali in giro, un po’ perché è la stagione delle piogge, ma soprattutto perché il sisma ha frenato l’afflusso degli appassionati di scalate e trekking che normalmente affollano le zone ai piedi dell’Himalaya. Un’agente di viaggio dice “Speriamo che ad ottobre si ricomincino a vedere i turisti, ne abbiamo bisogno per ricominciare”.

A Kathmandu Milena, che è anche insegnante, si trova ora a lavorare alla Lama Tashi School, una delle realtà con le quali la Fondazione collabora si dall’inizio, e che ha sostenuto sia con aiuti per i bambini e ragazzi accolti, circa 100, molti orfani, sia nelle attività di distribuzione di beni di prima necessità nelle comunità piu isolate.

“Ho visitato la scuola e da un paio di giorni sono addirittura in classe a intrattenere i bambini, che sono bellissimi e tenerissimi. La scuola adesso pare sia rientrata dall'emergenza, si stanno dando da fare in alcune zone di Kathmandu, ma soprattutto nei villaggi che sono quelli con i maggiori danni. In particolare, vorrebbero costruire un acquedotto in un villaggio che è rimasto totalmente senza acqua".

 

30 agosto

"Ho trascorso gli ultimi giorni in Nepal con Lama Tashi, Dicky e alcune ragazze della scuola. Con una certa difficoltà siamo riusciti a raggiungere i villaggi in cui ogni 3-4 settimane vengono portati i pacchi alimentari. Una certa difficoltà è un eufemismo: le strade sono impraticabili per le buche e le piogge di agosto creano frane che sbarrano la strada, quindi il viaggio può durare anche un giorno intero facendo uso di diversi mezzi di trasporto (al rientro siam partiti con un vecchio fuoristrada, poi siamo passati ad un camion, poi a piedi e io, per rientrare in tempo per l'aereo, in moto). Ah, scordavo le sanguisughe!

Sono stata nei villaggi remoti dove dopo il terremoto non sono arrivati aiuti perchè difficilissimi da raggiungere, la zona è quella di Sindhupalchok, uno dei maggiori epicentri. Si tratta di villaggi, come vedi, completamente distrutti e dove nè il governo nè la comunità internazionale sono arrivati. I fondi raccolti dalla Fondazione Francesca Rava sono stati usati proprio per l'acquisto di beni alimentari destinati a loro. Oltre al cibo, abbiamo anche portato cancelleria in una scuola vicina. Il pacco alimentare contiene 30 kg di riso, 3 kg di lenticchie, 3 kg di zucchero, 3 litri di olio, in pratica gli elementi base della loro cucina.

Il Lama si è impegnato a continuare a rifornire queste zone, almeno mensilmente, poi avvieranno anche un progetto strutturato per far arrivare l'acqua potabile in un altro villaggio isolato. Fa un gran lavoro: è una persona colta e intelligente e si dedica completamente ai suoi ragazzi, che infatti lo chiamano "padre". E' un Padre Rick Frechette alla buddhista;-) "

Canale Notizie - 18-08-2015 - Segnala a un amico


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